CHI

Alimentazione quotidiana e alimentazione festiva a Castelluccio di Norcia
Ciclo della Vita

Dalle interviste è emerso che la vita a Castelluccio di Norcia non era facile, soprattutto nei lunghi inverni Sibillini quando il paese era popolato quasi interamente da sole donne, dato che gli uomini erano lontani per la transumanza. Alle donne quindi era affidata l’intera gestione della famiglia, della casa, delle bestie. Nonostante che i mariti fossero lontano, erano soggette ad un ulteriore controllo sociale del suocero o del parroco del paese.
Si è rilevato, inoltre, che la condizione della gestante era ancor più critica, la sua alimentazione non subiva alcun tipo di cambiamento o miglioramento, inoltre, anche negli ultimi mesi di gravidanza, continuava a svolgere le proprie mansioni. Le donne di Castelluccio svolgevano il loro duro lavoro quotidiano senza nessun riconoscimento, senza alcuna gratificazione.

...la donna incinta se magnava quello che ce magnavamo noi, però nascevano tutti legitimi, invece mò tutti infetti (Caterina Cappelli)

...la donna incinta mangiava tutto, non c’erano problemi, non c’erano cibi speciali, era una cosa così, e anche quanno che se allevavano li fiji, niente de speciale (Erminia Pasqua)

...poteva mangià tutto, ma quello che poteva mangià non c’era, se mangiava quello che c’era (Benedetta Brandimarte)

...quella che era in stato interessante non era....era uguale per tutti. Se dopo in più il latte perché se uno vedeva che se gonfiavano li piedi, un po’ de latte perché era un paese troppo distaccato. No, niente se proprio non poteva mangià il latte, l’unica sostanza era il latte, un po’ d’olio perché a quei tempi non era come oggi che ne produci tanto, se ne comprava un pochetto, un po’ de pane e zucchero (Anna Perla)

...le donne incinte tutto se mangiavano, tutto. Chi te lo diceva se te lo potevi mangià o no, chi te diceva niente (Luisa Amici)

...quanno eri incinta, magnavi tutto, quello che se faceva pe le case, queste cose nostrali polenta, pasta, minestra, fagioli, farecchiata, farro (Eligia Testa)

...la donna incinta mangiava de tutto (Settimia Testa)

...la donna incinta se magnava tutto, come facevi, c’era da arrangiasse
(Lucia Cappelli)

...la donna incinta se magnava tutto, tutto quello che c’avevi dentro a una casa. Te mangiavi l’ovo, te potevi mangiare la gallina ma se era de Natale, ma poi li mariti annavano fori e de roba da mangià non ce n’era, quella poca che c’era la dovevi divide per tutti i mesi che rimanevi lì, la dovevi divide co tutte le persone de la famiglia che remanevano (Giannina Argenti)

Se durante la gravidanza la gestante avvertiva delle voglie si cercava di soddisfarle in tutti i modi per evitare le eventuali macchie sulla pelle del bambino che potevano insorgere nel punto del corpo in cui la donna si fosse toccata, in seguito ad un desiderio alimentare non soddisfatto.

...se cercava de soddisfalla, se ce l’ia il paese, quelle lì vicino sennò te la facevi passà. Non dovevi passà sotto le corde quanno eri incinta, perché doppo dice che vengo li fiji attaccati co le corde, là drento no. Però ce vengo lo stesso (Caterina Cappelli)

Si cercava di soddisfare le voglie della gestante anche perché, da quanto affermano i miei intervistati c’era la convinzione che questa potesse vendicarsi procurando "l’orzaiolo" a chi si fosse rifiutato di aiutarla. La donna stessa, pronunciando delle frasi e compiendo determinati gesti, poteva far guarire gli occhi.

...però pe non falle venì era da potelle soddisfà, insomma da dajela questa roba, se era possibile. Se non la soddisfavi, te veniva l’orzaiolo. Quello la donna incinta lo doveva cucì, se prendeva un filo co l’ago e se passava sopra l’occhio. Dicevano delle parole e se passava sopra l’occhio. La donna incinta lo doveva sfascià (Luisa Amici)

...per evità ste voglie, io a ste voglie non c’ho mai creduto, però dice che pigliavano ste voglie. Je toccava fassele levà, de che je pigliava voglia ? se vedeva una cosa che non aveva visto mai, specie per i posti. Per esempio entrando sta persona incinta da una casa tu eri sempre pronta a dije favorisca, se stavi a mangià, se stavi a cucinà. Sennò te prendeva l’orzarolo
(Erminia Pasqua)

Se poi la voglia non poteva essere soddisfatta, c’erano delle cose che la gestante doveva toccare per evitare le macchie sulla pelle del bambino.

...quando le donne incinte c’avevano le voglie se giravano la fede, oppure se toccavano dietro, però io a sta cosa non ce credo (Caterina Cappelli)

...quanno una donna incinta entrava dentro una casa allora quella, siccome che prevedeva che succedeva qualcosa, non doveva fare altro che toccasse il sedere per pericolo che quelle voglie andassero sul viso, sempre dietro se succedeva, sennò te giravi la fede pe tre volte (Mario Coccia)

...per evità le voje sul bambino ce avevano imparato de girà la fede sennò li segnavi. Ossia cercavi, se je la facevi, da mette na mano nascosta dove che questa voja non fosse venuta, capito. Oppure ce se toccava il sedere, o se je la facevi a toccatte le spalle, ma se te la cavavi a toccatte la fede non te toccavi in nessun’altro posto (Anna Perla)

...se una donna incinta c’aveva le voje se le faceva passà. Si perché sennò era pericoloso pe il mercà, dicevano. Dicevano che quanno te pijava quella voja, se te toccavi su le mani quella voja te veniva su le mani, se te toccavi su la faccia, su la faccia, don che te toccavi. Perché se te veniva voja de la polenta perché nun je l’ha data, non se doveva toccà da nessuna parte (Luisa Amici)

...mamma me diceva sempre che quanno tu eri incinta e te prendeva una voglia, te dovevi girà la fede, allora la giravi, la giravi non te dovevi toccà che sennò la mettevi da qualche parte (Eligia Testa)

...quando la donna incinta c’aveva le voje se doveva girà la fede per tre volte, che la voglia te se passava, si che te se passava la voglia, te veniva. Oltre la fede te dovevi toccà il sedere sennò te mettevi la voglia dove te toccavi, ma io non ce credo a ste cose. Le vecchie de prima ce credevano a ste cose e noi facevamo l’usanza delle vecchie (Miranda Coccia)

Per l’assistenza al parto, che avveniva sempre in casa, c’era la mammana, una donna anziana del paese, che rispetto alle altre aveva un po’ di esperienza in più ma nessuna preparazione medica. Il suo compito era quello di tagliare il cordone ombelicale, in caso di complicazioni ci si affidava alla fortuna.

...durante la gravidanza non c’era niente, non c’erano preferenze, non c’era nemmeno l’ostetrica, c’era na donna così che s’arrangiava (Anna Perla)

...se facevano a casa no all’ospedale, c’era la mammana, je dicevamo, la levatrice che era una donna così, no laureata, no diplomata, niente. Una donna che raccoglieva li figli che c’aiutava nel parto, e via (Erminia Pasqua)

...c’era una donna che se intendeva un po’ de fa la levatrice, era chiamata la mammana. Allora ce aiutava Dio tante volte, perché sennò altrimenti non se spiega, tante volte bisognava portalle pure fori, alcune so arrivate pure morte, se il tempo lo permetteva. Non è come adesso che ce stanno li controlli, allora niente, quanno che partorivi, allora era bene che quanno partorivi faceva la tormenta fori, la luce se n’annava, pe annà a piglià questa donna se prendeva un tizzone la il foco e je se faceva segno. La luce non c’era né a casa né fori, il tempo era sempre brutto, partorivi a luce de candela (Benedetta Brandimarte)

...c’era la mammana, era una signora del paese, quanto te pigliava sto figlio e te tajava l’ombelicolo, mica faceva altre cose (Eligia Testa)

...la mammana era una semplice donna de Castelluccio che poi non aveva nessuno studio, soltanto s’aiutavano così tra le donne, dopo se una volta annava male allora se chiamava a Norcia, ma doveva venilla a prende co le bestie, l’ostetrica. Tante volte pe quando arrivavano su erano morti, quella che stava in parto e il bambino (Anna Perla)

Dopo il parto la donna poteva mangiare per un po’ di giorni, fino a che non tornava alle sue mansioni, solo cibi liquidi e leggeri, soprattutto brodo di gallina, per stimolare la scesa del latte.

...li polli era raro, ce facevamo le galline, il brodo se dava alla donna che partoriva, per un po’ de tempo, per otto giorni. Per otto giorni je se dava una gallina a la mamma, due galline e poi andava a lavorà giù a la stalla co le mucche e co le pecore (Caterina Cappelli)

...dopo una volta partorita mentre invece c’era la facoltà che se davano, alla donna s’ammazzavano li polli, la gallina diciamo, pe na settimana mangiava quel brodo, dieci giorni. Il brodo de gallina perché je doveva fa venì il latte
(Anna Perla)

...e facevi la minestra perché la polenta dicevano che era calorosa, te facevi un po’ de minestrina, un po’ de pasta in bianco, un po’ de pancotto che sarebbe lo pane ammollato co lu parmigiano e un po’ d’olio (Miranda Coccia)

...je s’ammazzavano tre galline, a la donna che partoriva, tre galline se ammazzavano e ce se faceva il pancotto col brodo, e sennò coll’ovo battuto. E poi se faceva una zuppa lavata col pane abbrustolito e bagnato coll’acqua, un po’ de vino e un po’ de zucchero. Quella era la zuppa lavata pe le donne che avevano partorito, pe fa il latte, poi ce se mettevano li frascarelli, fatti co la farina del grano, no però il fiore della farina, ma la seconda qualità
(Erminia Pasqua)

...je s’ammazzavano le galline, se ne ammazzavano suppergiu due o tre, secondo quante ce ne tenevi. Je se dava il brodo per quindici giorni, dieci, perché doveva scende il latte allora mica era come adesso, se adesso il latte non lo tengono se va a comprallo. Allora a li fiji bisognava allattalli se non c’aveva il latte erano cavoli fioriti, perché mica ce stavano quelle cose de mò (Maddalena Conti)

...appena partorito ce davano il brodo de gallina, se ammazzavano due, tre, galline ce se faceva il brodo poi ce se metteva il pane, veniva come il pancotto, pappa (Eligia Testa)

...quanno se sgravava la donna che partoriva, allora se c’erano le galline, una je la dava la commare, una je la dava la mamma, una je la dava la socera e ste galline, chi poteva se ne magnava due, chi tre, chi quattro (Giannina Argenti)

Il brodo veniva mangiato dalla puerpera, la carne e la testa della gallina dal marito perché era il capo di casa, doveva lavorare quindi aveva bisogno di più energie. Dalle interviste si è potuto notare che si facevano delle differenze di sesso nella distribuzione del cibo.

...il brodo de gallina, se ammazzava una gallina, pure due, perché il brodo non faceva male, invece la carne se la mangiava il marito (Benedetta Brandimarte)

...la donna, siccome che l’omo lavorava, aveva un po’ più de rispetto verso l’uomo, mica lu marito je proibiva niente. L’omo se mangiava la capoccia de la gallina, mesà che la capoccia se mangiava de la gallina, la donna se mangiava il brodo e la carne de la gallina (Sirio Coccia)

...quanno se partorivano, allora ammazzavano una gallina, allora ce se faceva la pappa, il pancotto co lo brodo e se lo mangiava la donna, invece la carne se la mangiava lu marito. Dicevano perché alla donna je faceva male, allora se la mangiava il marito. Ma non je faceva male, però prima ce usava che prima c’era di dar da mangià al marito e poi la femmina. Perché l’omo lavorava, e poi se ce scappava pure alla femmina (Luisa Amici)

...doppo partorito te ammazzavano una gallina se allattavi, un po’ de brodo, sennò niente, il brodo se lo mangiava la donna, la testa de la gallina se la mangiava l’omo perché era il capo de casa (Lucia Cappelli)

...il brodo se lo mangiava la donna, però la testa che c’aveva il sangue era per il marito, il brodo invece se lo beveva la ‘nfantata (Giannina Argenti)

...dove la testa della gallina se dava al padre, al marito perché era il capo de casa e doveva mangià la testa, era na tradizione (Anna Perla)

C’erano delle piccole accortezze alimentari durante l’allattamento, si dovevano eliminare, in questo periodo, cibi pesanti come i legumi e la pasta fatta in casa. Alle puerpere si davano cibi liquidi, leggeri per rendere il latte più digeribile per il bambino.

...le lenticchie però bisognava liminalle, legumi bisognava liminalli, perché dice che davano dolori al bambino mentre che allattava (Anna Perla)

...ho allattato tutte e tre le figlie, mangiavo tutto, pure i legumi, io ho mangiato sempre tutto, però la socera mia me diceva che ce li dovevi abituà a mangià tutto (Eligia Testa)

...la madre era diverso, la mamma mangiava tutto. Allora se facevano un po’ de biscotti fatti a casa co l’ova e se mettevano dentro a la stufa e ogni tanto je ne davi uno. Dopo partorito, i primi tempi ce stavi un po’ attento perché su da noi usava tanto ligume, allora lu ligume, lu latte je sapeva pesante pure allo regazzino. Allora se pijava quella minestra senza ligume, te la mangiavi co na cucchiara d’olio, un po’ de formaggio. Mangiava a tavola co noi, tutti quanti insieme, soltanto se levava un po’ de minestra perché lu ligume fa il latte troppo pesante, a lu regazzino appena nato je faceva male (Luisa Amici)

...quanno che se allattava non se potevano mangià i legumi, e per parecchio tempo neanche la pastasciutta perché faceva male al fijo. Te dovevi mangià il brodo, tutta robba liquida, pe i fiji sennò je faceva male (Giannina Argenti)

Soprattutto erano le donne scure di capelli che dovevano fare attenzione alla propria alimentazione, le bionde invece potevano ingerire qualsiasi cibo.

...sennò quando che avevano partorito dice che le more c’avevano il latte più forte, allora quella che ce l’aveva forte doveva sta attenta al cibo, quella che ce l’aveva un po’ più leggero non c’aveva complicazioni, che je faceva male. Quella che ce l’aveva forte non poteva mangià la pasta fatta in casa, i legumi. Chi ce l’aveva leggero invece la poteva mangià, pe daje più forza
(Settimia Testa)

...se diceva pure che le more c’avevano il latte più pesante, più sostanzioso, perché erano more per questo dovevano stà più attente. Le bionde come me era leggero, ne potevi tenè tanto però era leggero (Giannina Argenti)

...se diceva pure che le more avevano il latte più forte, li figli venivano meglio, li vedevi che crescevano de più. Quindi dovevano sta attente a quello che magnavano, non potevano mangià la pastasciutta, li legumi, senno je facevano piglià li dolori a li figli. Invece le bionde facevano quello che je pare
(Maddalena Conti)

Molte volte la scesa del latte non avveniva. In quei tempi non poter allattare il proprio bambino era un grave problema visto l’assenza di cibi sostitutivi. Si ricorreva a delle pratiche, spesso legate al culto di Santa Scolastica, per favorire la comparsa del latte.

...sennò quanno che una era incinta te portavano qui alla chiesa de Santa Scolastica a pregà, dovevi inginocchiatte, lì la chiesa e dovevi annà fino su all’altare in ginocchio e pregà Santa Scolastica che te faceva calà il latte. Perché Santa Scolastica era la protettrice de quelle che se dovevano partorì ; noi co tutte le panze grosse pure ce mettevamo in ginocchio, giù da piedi la chiesa fino a su, se faceva tre volte quella strada, su e giu co le ginocchia per terra. Era una devozione a Santa Scolastica (Miranda Coccia)

...doppo te facevano fa un pancotto perché dicea, pe fa venì più latte e poi la minestra, il latte la mattina. Se veniva pure a Santa Scolastica perché è la protettrice del latte, poi a febbraio se facevano otto giorni de rosario, allora tutte le donne incinte andavano tutte a rosario, a Castelluccio. Poi dopo a giugno se veniva giù, a piedi, ancora adesso ce venimo, mò ce se viene co la macchina, se viene giù a pregare (Eligia Testa)

...se una non c’aveva il latte veniva a Santa Scolastica, a pregà, je se diceva il rosario, pe il latte pe la donna, beh Santa Scolastica era la protettrice del latte (Benedetta Brandimarte)

...poi se portavano su le pagnottelle de Santa Scolastica proprio a le donne che non potevano venì che erano incinte o che avevano partorito. Se prendevano su la chiesa, il prete le benediceva, je le portavano quelli che erano venuti giù co la processione, se faceva la messa si pregava si visitava il cimitero e se arinnava su (Maddalena Conti)

...se una non c’aveva il latte provavano a fajelo scenne, addirittura ce so stati dei casi in cui je hanno attaccato un cagnolino perché c’aveva un tiro diverso dal bambino, pe fajelo scende, dopo a tanti je davano il latte de somara, che è quasi uguale (Settimia Testa)

Si rubava l’intonaco dalla chiesa di Santa Scolastica per tenerlo come portafortuna, tanto era forte il culto nei confronti della gemella di San Benedetto.

...le cure ce ne stavano. C’era uno che faceva lu postino, allora le donne diciamo, perché questo postino annava a Norcia due volte alla settimana, je dicevano "quanno passi li a Santa Scolastica, ariportame un po’ de carcinaccio", pe fa venì il latte alla donna. Ma no perché se lo mangiavano, ma perché la devozione de Santa Scolastica faceva venì lo latte (Luca Bertoni)

...sennò se annava a pregà a Santa Scolastica, se prendeva l’intonaco della chiesa, ma se teneva così, pe devozione (Lucia Cappelli)

In alcuni casi le donne che avevano partorito da poco, a turno, allattavano i figli delle donne che non avevano il latte.

...quanno ero piccolina io se diceva che quanno non c’era il latte, c’era il lutto in casa. Sennò che s’erano partorite quattro, cinque donne allora sto regazzino annava un giorno da te, un giorno da un’altra e via. Sennò se veniva giù a Santa Scolastica pe fa cresce il latte, era un’usanza che era la protettrice del latte insomma, che faceva scende il latte. Infatti quanno era Santa Scolastica riportavano una pagnottina a tutte le ‘nfantate, a ste persone incinte, a faje mangià sta pagnottina che scendeva mejo il latte (Giannina Argenti)

Santa Scolastica da quanto è emerso dalle interviste, è molto amata dagli abitanti di Castelluccio e c’è un racconto popolare che spiega questa grande devozione.

..questo perché dice che era il periodo de Santa Scolastica, vedi che se prega per la pioggia. Stava facendo un gran temporale allora al fratello, San Benedetto je diceva de non uscì che faceva un brutto temporale, fortissimo. Invece Santa Scolastica uscì per cercare il fratello, su a Santa Scolastica, sul cimitero. Uscì e lì trovò una creatura, questa creatura se l’abbracciò e se l’attaccò al seno e l’allattò. E se prega pe lo latte, e poi doppo questa creatura la dette a balia a un castellucciano per questo tutta sta devozione pe Santa Scolastica (Maddalena Conti)

...ma una volta ce dava pure retta Santa Scolastica, mo non ce da più retta perché una volta se partiva de mattina da su, a piedi se veniva quaggiù, se facevano le preghiere che se facevano, se mangiava qualcosa e poi dopo un po’ se ripartiva e se tornava su. Se magnavano le pagnottelle de Santa Scolastica, se riportavano pure a le donne incinte che erano rimaste al paese. Quanno che venivano quaggiù e ritornavano su, quando che dal paese se vedevano giù al piano, dal paese partiva la processione e je andavano incontro, apposta ce dava più retta Santa Scolastica, mo ce se va co la macchina, allora Santa Scolastica non ce da più retta (Sirio Coccia)

I Castellucciani si rivolgevano a Santa Scolastica anche per chiedere la pioggia nei periodi in cui la lenticchia era minacciata dalla siccità.

...pure pe la pioggia se veniva a pregà, pe la lenticchia, quelli de Norcia se arrabbiavano perché loro il fieno c’avevano (Benedetta Brandimarte)

...se veniva a Santa Scolastica anche pe chiede la pioggia, se veniva giù a pregà (Eligia Testa)

...invece pe la lenticchia se viene a pregà pe fa piove, sempre a la chiesa de Santa Scolastica. La lenticchia, quanno che è il periodo, che se deve raccoje e non piove, la lenticchia non cresce, non se matura, allora se veniva a Santa Scolastica pe fa piove. Pregavamo e cantavamo "Santa Scolastica fa piove giù
la lenta, San Benedetto fa piove giù l’orzetto". Se cantava e la grazia ce la faceva sempre, perché quanno tornavamo a Castelluccio pioveva, sempre. A Norcia quanno che ce vedevano da venì a pregà bestemmiavano perché c’avevano lu fieno, a Norcia. Noi che ce interessava de lu fieno, noi pensavamo a la lenta (Miranda Coccia)

...si venivamo a pregà ce se viene ancora. Se pregava pe la pioggia, pe fa venì il latte a chi era incinta, quanno che partoriva (Maddalena Conti)

In sostituzione del latte materno al neonato si dava il latte di animali come la mucca, l’asina o la pecora. Era sempre allungato con acqua o con l’orzo da caffè che veniva coltivato e abbrustolito dai castellucciani che ancora ne ricordano la buona qualità.

...tante persone non gli è venuto il latte, allora je davano quello de mucca e lo univano insieme a questo orzo da caffè, senza bruscallo perché l’orzo da caffè era l’orzo normale, poi doppo pe fallo diventà scuro noi c’avevamo un affare, il bruschino (Eligia Testa)

...je davi quello de mucca, je lo allungavi con un po’ de acqua. De somara una l’ho conosciuta che diceva che lo prendeva de somara, annava lì sotto e ciucciava, dice che era bono. Lo bollivamo, ce mettevamo un po’ d’acqua, poi facevamo i papponi. Ce se metteva pure l’orzo, l’orzo munno je dicevamo, lo coltivavamo noi, no l’orzo da biada. Noi lo bollivamo cosi pure, ce mettevi un po’ de zucchero e lo bevevi così. Quello che compramo adesso je dicono che è orzo, ma quello è orzo da biada (Benedetta Brandimarte)

...in seguito ricorrevano a la vaccina, a daje il latte de mucca. De somara non je se dava però dicono che è migliore. Sto latte lo bollivi, prima lo bollivi, poi se metteva la metà d’acqua, poi l’orzo munno, che non se trova più. L’orzo munno sarebbe stato un alimento con un sapore bono che quanno lo abbruscavi ce facevi il caffè, e ce facevamo il caffè. E senza bruscallo lo cocevi e lo mettevi sul latte a sti regazzini, una metà de latte e una metà de questo, li rinfrescava era nutriente. Pareva come la cioccolata, veniva una pappa, una broda marrone. Lo coltivavamo noi, mò non se trova più, adesso questo, l’orzo bimbo è l’orzo maschio, è l’orzo de li cavalli, noi lo davamo a li cavalli. Quello che te dico io è sparito dalla circolazione, non se trova più quello fatto bene. Sennò je davamo pure la zuppa lavata, se bruscavano le fettine del pane, le mettevi sul piatto ce mettevi un po’ d’acqua e poi levavi quell’acqua e ce mettevi un po’ de vino e un po’ de zuccaro, se dava pure a le donne incinte, a li vecchi (Maddalena Conti)

...se una donna non aveva il latte a li fiji je se dava un po’ de latte de mucca, allungato coll’acqua, e non ce usava de prende sti latti comprati, le polveri, ste cose qui niente. Je se dava un po’ de pancotto, il pane con un po’ de olio e zucchero, ed ecco il magnà de li bambini, venivano tanto belli, meglio de adesso (Erminia Pasqua)

...se la mamma non aveva il latte al bambino je se dava il latte de mucca allungato coll’acqua, sennò ce se metteva l’acqua d’orzo, dell’orzo che coltivavamo noi su (Lucia Cappelli)

La mucca dalla quale si prendeva il latte per il bambino doveva essere sempre la stessa, oppure doveva anch’essa aver appena partorito.

...se pijava la mucca più fresca, quella che s’era partorita più tardi perché c’aveva il latte più fresco (Lucia Cappelli)

...se la donna non c’aveva il latte, je davano quello de mucca allungato coll’acqua, solo de na mucca, sempre de quella, non dovevi mischià. S’allungava coll’acqua poi passati un po’ de mesi ce se metteva pure il caffè d’orzo. Lo facevamo su, l’orzo che nasceva su, poi lo bruscolavamo, eppoi doppo se prendeva e ce se faceva sto caffè (Caterina Cappelli)

...se una donna non aveva il latte erano problemi, prima je davano il latte d’asina, della somarella. Sennò je davano il latte de mucca allungato coll’acqua, però la mucca doveva avè appena partorito, sennò ce se metteva l’orzo, sempre ai bambini je se dava l’orzo, veniva tostato col bruschino, veniva macinato. Poi piano piano je se faceva la pappetta co lo zuccaro, un goccetto d’olio (Giannina Argenti)

...se una donna non c’aveva il latte je davano il latte de pecora perché c’erano le pecore, doppo vennero le mucche e je se dava il latte de mucca, s’allungava co l’acqua però. Je se faceva una parte d’acqua e tre de latte perché sennò era troppo pesante. Però la mucca doveva esse partorita fresca sennò non je se dava a li fiji (Miranda Coccia)

...se le donne non c’avevano il latte era un tribolà. Je facevano un po’ de pappetta, ce se metteva un tantino de zuccaro e je lo facevano mangià come fosse stato brodo, leggera leggera. Poi lo latte de vacca no, lo allungavi con un po’ de acqua. Dopo pe semolino je bruscavano la farina dentro al forno e quella farina veniva marone e ce se facevano le pappette pe il regazzino che era nato no, che non c’aveva il latte la mamma (Luisa Amici)

Anche per lo svezzamento del bambino non si preparavano cibi particolari, dopo un periodo di dieta liquida e semi-liquida il bambino cominciava a mangiare le stesse pietanze degli adulti.

..il bambino se svezzava co la farina bruscata al forno, farina, latte e poi iniziando subito coi nostri cibi. Per esempio, non so, stavo mangiando, liminati
li legumi, le lenticchie come avemo detto la farecchiata quelli piselli bastardi, quelli se liminavano perché potevano dà dolori al bambino. Mentre invece dopo il resto usava a fa da noi, je dicevamo l’acquacotta co le patate, baccalà.
Se metteva a bollì l’acqua co le patate poi ce mettevi un po’ de baccalà, poi mettevi il pane sotto, lo bagnavi, un po’ de olio d’oliva, era un cibo leggero che annava bene pure per il bambino. Poi sennò je facevi al bambino, pure pe svezzallo, mettevi a coce un po’ de pane duro poi dopo je ce mettevi un goccetto d’olio un pochetto de zucchero, pure quello era un cibo da potelli svezzà. A quei tempi era così, mo quello de oggi lo sappiate perché oggi ce stanno li dottori, ce sta tutto. Allora non c’era niente perché Castelluccio era distaccato da tutti (Anna Perla)

...pe svezzà il bambino lo facevi un po’ piagne. Je davi un po’ de roba zuccherata, ma lo dovevi fa piagne quattro, cinque giorni se no non se svezzava. Je facevano la pappa, doppo se mangiavano tutto quello che facevamo noi pe casa. Come je levavi il latte tuo se mangiavano tutto quello che facevi (Luisa Amici)

...invece al bambino che dovevi svezzà, in sostituzione del latte cominciava a mangià le minestrine, le pappette co lu pane. Te facevano tribulà perché piagnevano, sul seno ce mettevano il sale pe non fallo attaccà (Settimia Testa)

Dopo la nascita del bambino, la puerpera usciva di casa per andare in chiesa per essere benedetta dal parroco che le impartiva una sorta di purificazione dalle eventuali contaminazioni del parto. Dopo questo rituale la donna poteva tornare a svolgere i suoi compiti abituali.

...la quarantena era che tu quanno che t’eri partorita, dovevi sta quaranta giorni senza avè contatto col marito e senza uscì de casa, ma io uscivo non me ne importava niente. Però prima de uscì da casa dovevi annà in chiesa, pe fatte rebenedì dal prete, te mettevi un velo, annavi lì e lu prete te benediva. Se faceva tutto dentro casa, tutti li lavori. Il figlio non se poteva fa uscì se non era battezzato (Miranda Coccia)

...dopo partorito allora ce usava che riscappavi doppo otto giorni che avevi partorito. Annavi in chiesa allora il prete giù in fondo de la chiesa te dava una candela e te portava fino all’altare e te benediva che avevi sgravato, te ridava la benedizione (Eligia Testa)

...e la mamma fino a che non era stato battezzato il bambino, non poteva uscì da casa, non poteva varcà la soglia de casa, però i lavori dentro casa li poteva fare. Dopo che era stato battezzato, la mamma andava su alla chiesa e se metteva su la porta e il prete te doveva fa entrà, sennò non potevi entrà dentro a la chiesa (Mario Coccia)

... se diceva " sei rescappata un Santo", così se diceva, era come se rinascevi, era come una purificazione (Erminia Pasqua)

Per i battesimi si preparava tutto in casa con l’aiuto di qualche vicina o parente. I pranzi erano tutti a base di carne di pecora.

...per il battesimo se faceva un pranzo, non se andava in trattoria, se faceva a casa, una roba semplice, gli spaghetti, un po’ de brodo (Erminia Pasqua)

...per i battesimi e per il matrimonio se cantava, se ballava. Se facevano a casa, se ammazzavano due pecore e se faceva lu pranzo, tutto a casa, se chiamava lo sonatore, je dicevamo, sonava la fisarmonica, ce sapeva fa
(Lucia Cappelli)

...li battesimi se facevano e se festeggiavano pure. Se festeggiavano, se mettevano due regazzi giovani, se prendevano due ragazze giovani maggiormente, maschio e femmina, oppure che erano due fidanzati. Eppoi se battezzavano e lungo la via della strada da casa alla chiesa se faceva come na festa co l’organetto, co quello coso che sona, se faceva un pranzetto a casa tutti quanti insieme. Cucinavano le donne della famiglia che facevano le taiatelle fatte a casa, oppure li cannelloni, poi li cannelloni so venuti pure più tardi, la crema da un pezzo, fin dagli anni cinquanta avrà cominciato la crema ma mica de tanto de prima (Anna Perla)

...il giorno del battesimo c’è una grande cerimonia, è bello è come il matrimonio. Se esce co li compari no, allora lu padre e la madre portano lu figlio, vanno a pijà prima la comare e poi lu compare, però ce se va co la fisarmonica e se portano su la chiesa (Miranda Coccia)

Dopo la cerimonia religiosa, lungo il tragitto che va dalla chiesa alla casa del festeggiato, si organizzavano le "parate" cioè dei piccoli rinfreschi per chiunque si trovi a passare, si usavano anche per i matrimoni.

..quanno se esce c’è il rinfresco, è chiamato la parata, sarebbero rinfreschi per la strada fino alla casa del bambino. E dopo su la casa de lu regazzino se mangia proprio, se fa lu pranzo refinito (Miranda Coccia)

...se facevano le parate, se suonava la fisarmonica, e poi c’era sta coppia che andava pe battezzà il bambino. Allora non ce costumava de andacce la mamma e il papà, ce andava solo il bambino e i compari, poi la levatrice. La levatrice portava il bambino, poi c’erano i compari e i suonatori
(Erminia Pasqua)

Le parate erano organizzate dai parenti e dagli amici, ognuno metteva a disposizione quello che aveva in casa.

...se facevano, lungo la strada, li parenti je facevano è chiamata la parata cioè un rinfresco. Mettevano un tavolinetto, chi portava li biscotti, chi li bicchieri e passavano il compare e la comare, li genitori col bambino. Quello che uno c’aveva, biscotti, se facevano le frappe, li biscotti de casa, niente de strano
(Anna Perla)

A Norcia in occasione di un battesimo si usava "cantare a prosciutto o a spalletta". Si chiamavano dei suonatori che nel corso del rinfresco intonavano dei canti augurali. Si cantava mentre veniva tagliato il prosciutto se era nato un maschio, la spalletta se il neonato era una femmina.

..quando nasceva su una famiglia un bambino, un maschio o una femmina, dopo qualche giorno se annava lì, se annava a cantà a prosciutto o a spalletta. A Norcia su un rione se riunivano sette, otto, dieci persone, tra amici te organizzi, annavi lì facevi sta cosa, doppo che c’entra la famiglia richiamava pure altra gente. Se cantavano vari stornelli, te li preparavi, insomma dopo quanno vai lì però li devi sapè, così a braccio, non è che te poi mette a legge. Andavi lì, prima partivi col coso, prima salutavi il padre e la madre, poi il neonato e poi tutta la famiglia, tutti li parenti. Tutto questo si faceva mentre si tagliava il prosciutto, pure la spalletta, il formaggio secondo quello che c’era. C’era uno che cominciava e poi pure in due se potevano cantà, in tre, però ognuno cantava li sua diciamo no, se alternavano, però quanno se cantavano erano dedicati a sto bambino che era nato :

Lo benedico lo fiore de moco
sia rallegrato tutto il vicinato,
è nato fijo maschio in questo loco.

Oppure :

Me son partito da lo Castelluccio
sapendo che l’è nato un bel maschietto
pe famme una magnata de prosciutto.

Oppure ancora :

Me son partito da lo Castelluccio
sapendo che l’è nata una femminuccia
pe famme una magnata de spalletta.

Allora se cantavano sti stornelli poi se mangiava il prosciutto, il formaggio, pure la porchetta. Se facevano de pomeriggio all’aperto se tempo bono, sennò dentro a una casa. Dopo mangiato e bevuto se facevano degli stornelli de saluto, de ringraziamento alla famiglia. Sennò appena arrivi, quanno arrivavo se cantava tipo :

fior de margherita voglio salutà Roberto e Rita,
insieme a tutti quanti li parenti,
de auguri je ne famo tanti, tanti.
(Americo Salvucci)

Il matrimonio era simile al battesimo, solo che i festeggiamenti di questo iniziavano la mattina e proseguivano per l’intera giornata.

..beh se faceva piucchealtro come dolce se faceva la crema, se ammazzavano le pecore. Quanno ho sposato io hanno ammazzato un vitello e tre pecore, allora se faceva la colazione, il pranzo e la cena, perché gli invitati non è che venivano da Norcia, da Roma o da fori ma erano tutti de lì. Allora la mattina venivano a fa il rinfresco e mangiavano la coratina ste cose qui. Poi a pranzo se faceva la pastasciutta, lo spezzatino de pecora, il dolce. Alla sera se faceva il brodo sempre de pecora, co la stracciatella o co li ciciarelletti, che sarebbero la pasta fatta in casa tagliata piccolina a quadretti, e così se faceva la cena (Giannina Argenti)

...il matrimonio se faceva lo stesso a casa e poi li genitori de li sposi uccidevano due pecore, una da la parte de la sposa, una de lo sposo. Poi preparavano il pranzo che era composto da la colazione, pranzo e cena. Allora la mattina cucinavano queste due bestie, le donne della famiglia, le amiche, poi se spicciava una stanza e poi tutti lì se mangiava. A pranzo se facevano ste tajatelle fatte a casa, oppure la pasta compra e questa carne del sugo, che oggi non la vole nessuno, sempre pecora e la sera invece del sugo, a brodo sempre pecora e se rifaceva pure la cena perché non ce stava nemmeno il viaggio de nozze. Se andava in Chiesa poi se veniva a pranzo (Anna Perla)

...per il matrimonio se fanno le parate, i rinfreschi, cioè vai in chiesa, quanno che esci te fanno il rinfresco per la strada fino a che non arrivi a la casa de lo sposo (Caterina Cappelli)

...il matrimonio è come il battesimo, prima se và a prende lo sposo e poi la sposa, sempre con la musica, co lu sonarejo. Allora una femmina suona questo e un maschio suona la fisarmonica (Miranda Coccia)

...per il matrimonio prima se andava alla messa, se andavano a sposà, poi se usciva co la solita fisarmonica, c’erano le parate, se andava al rinfresco, sempre a casa, poi c’era il pranzo (Erminia Pasqua)

...il pranzo del matrimonio se faceva a casa, un po’ de pastasciutta, un po’ de brodo, a la mattina a pranzo se passava la corata de la pecora. Siccome che le pecore le tenevano quasi tutti, mazzavano una pecora, due se ce serviva e co quello facevano da mangià, lo brodo. Quanno avemo sposato io e la signora mia, paghessimo mille lire e me ce avanzò pure qualche lira. Soltanto che lu pranzo non paghessimo niente, il resto paghessimo tutto. Non paghessimo perché tenevamo le pecore, ammazzemmo due pecore, ne la casa sua fu preparato lu pranzo, ecco fatto. Io c’avevo quindici pecore, lu padre sua ce nia un par de cento ( Luca Bertoni )

Dalle interviste è emerso che anche per la preparazione di questo giorno di festa le donne di Castelluccio mostravano un forte sentimento di solidarietà e di collaborazione.

...preparavano le paste, preparavano le buttiglie de li liquori, più li ciambelloni fatti a casa perché le paste non c’erano. La sposa se andava a prende a casa co l’organetto, co le castagnole, co lu tamburello e je facevano festa. Erano li parenti che preparavano questi banchetti. Il pranzo agli sposi lo preparavano le donne della famiglia, sempre gente del paese, ce s’aiutava una coll’altra (Luisa Amici)

...allora per il matrimonio, noi non ce usava viaggi de nozze, no usava niente. Ce usava invità tutti i parenti, poi ce usava che se faceva sto pranzo in uno stanzone grande a Castelluccio. Poi sta signora qui, dove ce faceva fa il pranzo, non è che c’aveva tutto, servizi de piatti niente. Allora se passava, se passava per le case, allora ognuno je dava un po’ de piatti, le posate, le tovaglie e se apparecchiavano ste tavole e se faceva pranzo e cena a tutti l’invitati, poi se cantava mentre che se faceva il pranzo. La cena la preparavano le due famiglie. Se ammazzavano due pecore, e co ste due pecore ce se faceva il brodo, ce se faceva lo spezzatino, le fettine. Il pranzo era bono, le taiatelle, li quadrucci facevamo tutto a casa, se preparava un po’ de giorni prima e se facevano ste cose, tutto a base de pecora (Eligia Testa)

Prima del matrimonio si doveva andare al comune di Norcia a fare la "comparsa", detto anche matrimonio a cavallo, ossia si presentavano i dovuti certificati di matrimonio.

..pel matrimonio li sposi dovevano andare al comune pe caccià gli incartamenti come se dice, noi la chiamavamo la comparsa, la comparsa del matrimonio. Annavi al comune di Norcia a caccià le carte che ce servivano pe la sposa e pe lo sposo ; poi passava circa una mesata poi se andava in chiesa e ce se sposava. Però pe andà al comune ce s’andava co li cavalli, ce mettevi tre ore, se c’andavi a piedi ce ne volevano quattro. La mattina del matrimonio lo sposo e la sposa se preparavano, annavano alla messa, poi usciti dalla messa je facevano festa, je buttavano un po’ de riso, le castagnole, l’organetto, un po’ de festa. Se facevano le parate lungo la strada, chi preparava una cosa, chi un’altra (Luca Bertoni)

La sposa normalmente andava a vivere nella casa dello sposo. Lungo il percorso fra la vecchia e la nuova abitazione veniva trasportato il corredo in varie ceste perché doveva essere visto da tutti ; dalle interviste è emerso che c’era una sorta di gara fra le giovani del paese.

...allora quanno avevano pranzato, gli sposi, allora se portavano li panni de la sposa, sulle canestre. La cassa, il comò dove ce se mette il corredo, e li panni tutti su le canestre, piene de panni. Poi se metteva festa da ballo, e mica ce usava da annà in viaggio de nozze (Erminia Pasqua)

...dopo il pranzo se andava a prende li panni da la casa della sposa, il corredo. Il corredo veniva messo su tutte canestre, delle ceste rotonde. Sopra ce mettevi tutti li panni più belli che se vedevano lungo il viale. Da la casa de la sposa a la casa de lo sposo (Anna Perla)

...se faceva il corteo co la biancheria, prima una cesta grossa co tutta la biancheria più bella, c’era da fassela vedè sennò te giudicavano che non c’avevi niente e allora più scena se faceva e più robba bella era
(Giannina Argenti)

...il corredo se portava dentro a le canestre, pe fallo vede, mettevamo tutti sti recami, facevamo tutto da noi. Dalla casa della sposa alla casa dello sposo, se portavano ste canestre, se sonava l’organetto, facevi a gara a quale corredo era più bello ; se doveva vedè, sopra ce se metteva la roba più bella
(Caterina Cappelli)

..ce usava annà a piglià il corredo de la sposa co la fisarmonica, tutte canestre, ceste che so larghe e piatte e ce se metteva tutta la roba più bella. Si portava tutto il corredo della sposa da la casa de la sposa a la casa de lo sposo, tutto su a mano, pe vedè quello che se portava la sposa
(Miranda Coccia)

Oltre al corredo venivano trasportati la cassa e il comò dove riporlo e a cavallo del comò si sedeva il parente maschio, più stretto, dello sposo, con un fiocco rosso ed una fascia a simboleggiare l’autorità.

...dunque a cavallo sulla cassa ce se metteva il parente più stretto de lo sposo, e quattro lo portavano su per aria, facendo il tragitto da la casa de la sposa alla casa dello sposo, dove che avanti andavano queste canestre. Il parente maschio, più stretto dello sposo, con un asciugamano a tracollo con un fiocco rosso, come se fosse lu sindaco (Mario Coccia)

...pure il comò se trasportava, da la casa de lei a la casa de lo sposo, e sopra al comò ce se metteva il parente più stretto dello sposo, un cugino e se metteva una fascia col fiocco (Giannina Argenti)

Prima di entrare nella casa dello sposo la donna doveva mettersi in ginocchio di fronte alla suocera, che proclamava delle parole di circostanza, e poi baciarla.

...quanno la sposa entrava nella casa della socera se mettevano in ginocchio, lì prima de entrà, sopra due asciugamani, baciavano la suocera e entravano
(Caterina Cappelli)

..quanno che entravi nella casa della socera te metteva un asciugamani, tu te inginocchiavi e la salutavi, così potevi entrà dentro casa (Miranda Coccia)

...quanno te sposavi, la socera e la nuora, sulla soglia della porta, se salutavano e sennò se dicevano una storiella "benvenuta a la nora mia, porta la pace in casa mia, areccomannate a Sant’Antonio, che se tu sei un diavolo, io so il demonio". Te facevano mette in ginocchio, coll’asciugamano lì la scala, e in ginocchio se salutavano i genitori de lu sposo (Erminia Pasqua)

...la suocera quando vedeva la nuora metteva un lenzuolo per terra. Se inginocchiava la nora poi entrava la suocera che diceva "benvenuta a casa mia" (Anna Perla)

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Dott.ssa
Annamaria Onori
 
 
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